VIlla D'Este
Il chiostro
Il chiostro
Il cortile del chiostro con la fontana della Venere dormiente
L’austero convento benedettino confinante con la chiesa
medievale era all’epoca dell’insediamento come Governatore di Tivoli del
Cardinale Ippolito II° d’Este, sede del governo della città.
Pertanto il
Cardinale vi prese possesso rendendolo sua dimora ufficiale, ed affidò i lavori
di trasformazione in villa all’arch. Pirro Ligorio che, dato l’incredibile numero
di artisti ed artigiani che vi lavorarono, costò al cardinale oltre il milione
di scudi.
Superato l’ingresso si accede al chiostro che presenta solo
tre porticati ed il lato sinistro del cortile confina direttamente sul muro
della chiesa medievale.
Al centro del muro confinante troviamo una bella fontana chiamata
della “Venere dormiente” la cui acqua viene raccolta in un sarcofago medievale
certamente proveniente dalla chiesa.
Nella fontana sono presenti i simboli ricorrenti del Cardinale come l’acqua ed i
rami di mele cotogne che rappresentano una
delle fatiche di Ercole dal quale la famiglia d’Este sosteneva discendere: il
furto dei pomi d’oro nel giardino delle Esperidi figlie di Atlante. Impresa
audace in quanto i preziosi pomi erano custoditi dal feroce drago Ladone che per
espletare questo suo compito non dormiva mai.
Il piano detto "Nobile"
Dal chiostro si accede all’interno della villa che é
sviluppata su due piani dell'edificio che ha una forma a L rovesciata. Al piano
detto "Nobile" troviamo 3 appartamenti. Il primo appartamento contrassegnato
nella figura con la lettera A era destinato ad un parente del cardinale Ippolito
II°, il cugino Luigi d'Este (anch'esso porporato). Il secondo appartamento
contrassegnato con la lettera B era utilizzato dall'arcivescovo di Siena
Francesco Bandini Piccolomini. Il terzo appartamento contrassegnato con la
lettera C, più lussuoso ed importante, era abitato dal cardinale Ippolito II°
d'Este.
Stanza delle arti e dei mestieri
(vedi particolare)
Tutte le belle ed affrescate stanze sono con affacci sul giardino all’italiana e
sul meraviglioso panorama della pianura romana di cui si può godere lungo tutto
il lato più ampio dell'edificio ad L.
La prima stanza dell'appartamento del cardinale chiamata "Salone Centrale" é
decorata con le "Virtù" attribuite al famoso pittore Livio Agresti il quale nel 1568 prese
impegno con il cardinale di dipingere 3 stanze in tre mesi con l'aiuto
di 7 collaboratori. Da questa stanza si passa poi all'anticamera della stanza da
letto contenete l'affresco’"Humanitas", anch'esso attribuito all'Agresti.
Successivamente si entra nella camera da letto, sovrastata da un
meraviglioso soffitto di legno a
lacunari , opera del fiammingo Bollinger e contenenti gli affreschi della
"Pietas" e della "Salus" sempre attriuiti all'Agresti.
Continuando la visita si entra nella sala delle arti e dei mestieri
di Tivoli, probabilmente una biblioteca
decorata con affreschi raffiguranti
antiche corporazioni tiburtine realizzate da Emilio Moretti e restaurati nel 1928
da Attilio Rossi.
Cappella del Cardinale
(vedi particolare)
In ultimo si può apprezzare la cappella ove il
cardinale usava raccogliersi in preghiera. L’ambiente affrescato da Federico Zuccari ed
altri artisti minori raffigurano scene di vita della Madonna ed alcuni profeti
e sibille. Sull’altare invece troviamo la Madonna col Bambino che Livio Agresti
si pensa realizzò entro la fine del 1570 poiché l'anno successivo si ha notizia
della sua presenza in Roma per la realizzazione dell'affresco della "Passione di
Cristo", posto nell'Orato
Questo fa supporre una veloce
esecuzioni delle opere, in linea con gli accordi presi con il Cardinale in cui
si impegnava a realizzare gran parte degli affreschi nella villa con sette suoi assistenti in soli
tre mesi
Il piano detto "Inferiore"
Al piano inferiore
vi erano
ospitati illustri personaggi che il cardinale era solito invitare ai suoi banchetti. Scendendo l'ampia scalinata che dal chiostro
porta al piano inferiore incontriamo per primo un corridoio detto “Lunga Manica” che collega tutte le
stanze di questo appartamento. Qui vi troviamo due fontane rustiche realizzate
da Ludovico
De Negri coadiuvato dal fontaniere Andrea Romano. Queste fontane avevano la
funzione di allietare con il gorgoglio delle acque gli ospiti nella sala posta davanti alle
fontane, cioè il salone centrale della “Fonatana di Tivoli” dove il cardinale pranzava e teneva banchetti con
gli ospiti.
Sala di Noè
(vedi particolare)
Dal corridoio passiamo quindi alla prima stanza detta “Sala
di Noé” con affreschi dove spicca quello di Girolamo Muziano che raffigura Noé mentre
compie il sacrificio per ringraziare Dio per aver fatto cessare il diluvio
universale dopo 40 giorni e 40 notti.
Nel lato opposto alle finestre che danno al giardino troviamo l’accesso ad altre due sale,
la prima delle quali é la "La sala di Mosé" dove troviamo ancora affreschi di Girolamo Muziano, che
raffigurano scene bibliche e sulla volta, affrescata da Cesare Nebbia
(1536-1614) , notiamo Mosé che, mentre
guida la fuga degli ebrei dall’Egitto, con un colpo di bastone fa scaturire l’acqua
dalle rocce del deserto. Questo affresco voleva alludere anche al Cardinale che
riuscì nell’impresa di portare l’acqua
alla villa ed a farla zampillare nelle
fontane.
Sala di Mosè
(vedi particolare)
Tornando nella sala di Noé si può proseguire nella visita
delle restanti sale del piano inferiore. Da qui si accede alla cosiddetta
“Seconda sala tiburtina” dove, oltre agli altri miti tiurtini, è rappresentato il mito della Sibilla Albunea (o Tiburtina), famosa per aver profetizzato la nascita di Gesù all'imperaore romano Augusto. Gli affreschi del 1569 sono stati realizzati da Cesare
Nebbia ed alcuni suoi allievi. Sulla volta è rappresentato Apollo mentre attraversa il
cielo col suo carro in cui trasporta il sole facendolo sorgere e tramontare. Tutt’intorno
gli affreschi raccontano la storia di Tivoli tutte legate all’acqua. C’è raffigurata la storia del Re Anio che per salvare la
figlia rapita annega nel Parensio , fiume che in seguito a questo episodio
verrà chiamato Aniene. Poi possiamo ammirare "Venere" su una conchiglia che funge
da cocchio. Vengono rappresentate anche le sorgenti del Tevere, dell’Aniene e
quella delle acque di Albula.
Prima sala tiburtina
(vedi particolare)
Si passa poi nella
“Prima sala tiburtina”, consacrata a rappresentare la fondazione e
costruzione della città di Tivoli ad opera dei fratelli Tiburto, Catillo e Corace,
anch’essa affrescata dal Cesare Nebbia ed i suoi allievi. Al centro della volta un affresco rappresenta uno dei Tre
fratelli ovvero Catillo che era prefetto della flotta e generale del re Evandro
mentre sbarca nel Lazio e s’impegna nella lotta con i nativi. Intorno a questo
affresco ci sono alcune scene della costruzione della città. In un altro affresco vengono rappresentati i tre fratelli Catillo
Corace e Tiburto mentre combattono contro i Siculeti, gli abitanti di Siculeto
che poi prendendo il nome da Tiburto divenne Tivoli.
Uscendo dalla “Seconda sala tiburtina” si accede al salone
centrale detto anche “Sala della fontana di Tivoli” chiamata così per via della
presenza di una fontana raffigurante il tempio della sibilla che era l’antico
simbolo di Tivoli. Come le fontane rustiche dell’adiacente corridoio della “Lunga
Manica”, anche questa aveva lo scopo di
Stanza della Nobiltà
(vedi particolare)
allietare gli ospiti dei banchetti ed il pranzo del Cardinale con il loro scorrere
dell’acqua. Sulla volta è rappresentato “Il convito degli dei”, affresco
ispirato a quello di Raffaello realizzato nella villa Farnesina.
Particolarmente interessante la riproduzione della veduta della villa del
progetto originario sulla parete opposta alla fontana.
Altre sale di minore importanza ma comunque interessanti si
susseguono queste, in ordine di apparizione sono: la “Sala d’Ercole” dove
vengono rappresentate le sue 12 fatiche e, nella volta, Ercole che viene accolto
tra gli dei dell’olimpo.
Andando avanti troviamo la “Stanza della Nobiltà”,
affrescata da Federico Zuccari con figure femminili che rappresentano le virtù
e le arti liberali ed alcuni filosofi. Dopodiché s’incontra la “Stanza della
Gloria” in cui si esaltano le virtù della gloria e per ultima la "Stanza della Caccia"
Stanza della Caccia
(vedi particolare)
“Stanza della caccia”, attività particolarmente apprezzata dal Cardinale Ippolito II° d’Este,
affrescata dopo la morte del Cardinale dal fiorentino Antonio Tempesta
|