Sito UNESCO dal 1999, la motivazione:
"Villa Adriana è un capolavoro che riunisce in maniera unica le
forme più alte di espressione delle culture materiali dell'antico mondo
mediterraneo. Lo studio dei monumenti che compongono la Villa Adriana ha svolto
un ruolo decisivo nella scoperta degli elementi dell'architettura classica da
parte degli architetti del Rinascimento e del Barocco. Essa ha, inoltre,
profondamente influenzato un gran numero di architetti e disegnatori del XIX e
del XX secolo."
"...ho fatto copiare per la mia Villa l’Ermafrodito e il Centauro, la Niobide e la Venere, ansioso di vivere il più possibile fra queste melodie della forma. Ho secondato le esperienze con il passato, l’arcaismo sapiente che ritrova il senso di intenzioni e di tecniche perdute."
(Marguerite Yourcenar, da "Memorie di Adriano")
La grandiosa villa Adriana, la più importante delle ville romane che ci sono giunte fino ad oggi e che originalmente si sviluppava per circa 120 ettari, doveva apparire all’epoca dell’imperatore come una piccola città.
L’opera è stata così importante da richiedere numerose maestranze, tali da poter dare una spinta demografica e topografica significativa alla città di Tivoli, posta sulla collina a ridosso della dorsale calcarea del pre-appennino laziale, città che domina incontrastata oltre la villa di Adriano l’intera pianura romana fino al tirreno.
Oggi la villa è stata recuperata con gli scavi che si sono susseguiti negli ultimi 500 anni per soli 70/80 ettari. Non solo gran parte delle costruzioni sono andate perse, ma anche la maggior parte delle opere di quell’arte al quale Adriano fu molto sensibile.
Bisogna immaginare che le forme artistiche ivi contenute per bellezza, importanza e numero sarebbero da paragonare a quelle contenute nei musei vaticani, ai quali molte di queste sono andate.
Lo spoglio di queste opere è cominciato subito dopo la morte di Adriano da parte del suo successore che se ne servi per arredare i palazzi della nuova capitale orientale dell’impero, Costantinopoli.
Molte altre si possono trovare nei musei capitolini compreso la colossale raffigurazione di Antinoo, il bel giovane amato da Adriano il quale divinizzandolo dopo la prematura scomparsa, lo fece rappresentare in statue che sparse poi in giro per l’impero.
Villa Adriana
L'immensa area archeologica
Infine tantissime opere di minore dimensioni ma non d’importanza si trovano in collezioni private.
Molte furono anche distrutte in seguito alle occupazioni dei barbari i quali vi soggiornavano durante le invasioni. Devastante fu il saccheggio degli Ostrogoti, capeggiati dal Re Totila ("l'immortale" in lingua gota) che fu anche Re d’Italia tra 531 ed il 542.
La Villa di Adriano divenne successivamente una cava di materiale edile e di oggetti di decorazioni per le case Tiburtine e molti spazi diventarono di proprietà di privati cittadini (per esempio l'edificio detto Accademia), i quali scavarono in modo disordinato e senza riportare traccia e dettagli dei luoghi e dei monumenti ritrovati.
Una dei problemi nella ricostruzione archeologica della villa è,
infatti, quello dell’impossibilità di collocare molti ritrovamenti nel tempo e nello spazio, in quanto non si è mai proceduto ad uno scavo di tipo stratigrafico.
Nel rinascimento iniziarono gli scavi a grande scala dall’arch. Pirro Ligorio, per commissione del Cardinale Ippolito II° d’Este il quale gli aveva commissionato la progettazione e la realizzazione di Villa D’Este.
L’architetto, contrariamente all’uso dell’epoca, durante gli scavi trascrisse i ritrovamenti lasciandoci tre famosi codici che descrivevano i ritrovamenti man mano che questi venivano scoperti.
Tuttavia Pirro Ligorio ed il Cardinale D’Este si servirono delle statue ed opere d’arte per arredare la Villa D’Este, famosa in tutto il mondo per essere una delle principali opere di fine rinascimento e per il fastoso giardino all’italiana adorno di numerose quanto ingegnose fontane.
Un’opera che costò al Cardinale l’incredibile cifra per allora di un milione di scudi d’oro.
A sua volta per opera dei successori del cardinale Ippolito II° d’Este, anche la Villa d’Este fu depredata delle opere che furono trasferite in parte nei musei vaticani ed in parte in quelli capitolini ed altri luoghi sparsi per il mondo (soprattutto Inghilterra e Francia).