La visita al Parco Villa Gregoriana
Oltrepassato il cancello della villa, sul terrazzo prima di scendere i gradini della scala che porta alla biglietteria, si può già ammirare tra i rami degli alberi sottostanti, il paesaggio della rupe che ospita su di essa i templi della Vestale (tempio monoptero circolare con colonne corinzie finemente scanalate del II sec. a.c),
Tempio della Vestale Cossina
(vedi zoom)
e il tempio della Sibilla (di forma rettangolare di cui sono rimaste solo 4 delle 14 colonne in stile ionico, anch’esso del II sec. a.c.). Su quest’ultimo c’è da segnalare il fatto che alcuni studiosi pongono dubbi sulla divinità venerata nel tempio. La rupe ospita anche il più antico nucleo urbano tiburtino.
La villa sorge sulle pareti scoscese di una grande vallata scavata nella roccia calcarea dall’Aniene e per visitarla si deve scendere tra i tornanti di una parete per poi risalire per i tornanti dell’altra, quella della rupe che ospita i due famosi templi.
La Vestale Cossina
(vedi zoom)
Scesi dunque dal terrazzino d’ingresso alla biglietteria, si può proseguire lungo il viale che va direttamente all’affaccio dell’Aniene sulla grande cascata.
Da questo punto si può apprezzare l’orrido salto del fiume nella valle, nonché l’ingegnoso sistema dei cunicoli scavati nella roccia del monte Catillo per dar sfogo alla violenza delle acque dell’Aniene soprattutto nei momenti di piena.
Prima di allora il fiume passava molto più a sinistra dell’attuale villa, dove ora vi è il Ponte Gregoriano, e dove ormai scorre sul letto originario dell’Aniene solo un rivolo d’acqua, poiché è usato solo come uno dei bracci per il deflusso delle acque del fiume in caso di piena.
La cascata di Tivoli
(vedi zoom)
Il monte Catillo che sovrasta la città porta il nome di uno dei tre leggendari fratelli che la tradizione vuole fondatori di Tivoli. Tiburtus (il maggior dei tre da cui prende nome la città Tibur poi divenuto Tivoli), Coras e Catillus. Sono nominati anche da Virgilio nell'Eneide per le loro gesta eroiche durante la guerra contro Enea.
Come già detto, i cunicoli furono progettati e scavati dall’architetto Clemente Folchi su commissione di papa Pio VIII e realizzati tra il 1832 ed il 1835 dal suo successore, papa Gregorio XVI dal quale la villa prende il nome.
Foto della Grotta di Nettuno
(vedi zoom)
La valle in cui si sviluppa la villa Gregoriana era chiamata in antichità “Valle dell’Inferno”, poiché il millenario lavoro dell’Aniene sulle rocce calcaree ed a strapiombo della zona, rende orrido ed al contempo fantastico il paesaggio.
Con un po’ di fantasia si può infatti paragonare l’intero parco all’inferno dantesco. La fitta vegetazione può diventare con un po’ di immaginazione la selva selvaggia e oscura che Dante Alighieri descrisse nella prima delle sue famose tre cantiche. Le fronde dei grandi alberi coprono gran parte della luce e i tornanti e le grandi grotte naturali, rivestite di straordinari motivi calcarei, rendono senza dubbio la villa un posto alquanto misterioso.
Risalendo un poco per riprendere il vialetto di mortella, prima abbandonato per vedere i cunicoli ed il traforo del monte Catillo, ritroviamo il percorso suggerito dal FAI che ci conduce alle rovine della villa di Manlio Vopisco. Questa villa di epoca romana risalente al II sec. d.c. ebbe vita breve perché fu devastata dalla potenza delle acque dell’Aniene a seguito dell’alluvione che colpì la zona nel 106 d.c. Tuttavia è ancora possibile vederne alcuni ampi ambienti che danno un’idea della grandiosità del sito della Roma repubblicana. La villa dava sui templi della Vestale e della Sibilla e aveva anche una piscina ad uso di peschiera, la quale veniva rifornita d’acqua da un piccolo acquedotto rinvenuto nei pressi della costruzione.
Tempio della Sibilla
cliccando sopra si può apprezzare la foto aerea dei templi della Sibilla e della Vestale
Poco distante s’incontra il canale della Stipa, uno sfogo per il fiume realizzato già in epoca romana. Fu successivamente ampliato e ristrutturato dal Bernini nel 1669, per tale motivo detto anche “Emissario Bernini” o “Cascatella Bernini”.
Tale ampliamento però non fu sufficiente come misura di sicurezza per le piene dell’Aniene, il quale tornò a straripare rovinosamente nel 1826, provocando morte e distruzione di parte della città Tiburtina, nonché il crollo della grotta delle di Nettuno posta qualche metro sotto il tempio della Sibilla.
Scendendo lungo il sentiero alberato si giunge alla grande grotta della villa: quella detta delle Sirene. Questa sembra sprofondare negli inferi con un pauroso abisso verticale dove le acque dell’Aniene, provenienti dalla soprastante grotta di Nettuno, scivolano in una prima caverna per poi inabissarsi definitivamente in un spaventoso antro tutt’oggi inesplorato. Entrambe le grotte sono il frutto dello scorrere di migliaia di anni delle acque dell’Aniene.
Alla soprastante grotta di Nettuno si può arrivare passando attraverso un tunnel fatto scavare nella roccia viva dal generale francese Miollis, all’ora governatore di Roma, il quale fece anche realizzare delle finestrelle per l’illuminazione del passaggio dalle quali è possibile scorgere una suggestiva veduta del parco.
Villa Gregoriana
La meravigliosa natura del Parco Villa Gregoriana
Ma villa Gregoriana e la sua cascata non sono importanti solo dal punto di vista storico, naturalistico e scenografico della meravigliosa natura che lo compone.
Il fiume che precipita verso l’ampia valle sottostante creando una vaporosa nube d’acqua alimenta, oltre che la variegata vegetazione del giardino, anche le antiche viti di pizzutello che producono un’uva di squisite ed eccezionali caratteristiche organolettiche.
Quest’uva dalle fattezze dattiliforme, chiamata anche uva corna dai vecchi tiburtini, é famosa soprattutto per la sua croccantezza, dolcezza e freschezza che la contraddistingue da tutti le altre uve coltivate nella penisola.
Uva Pizzutello di Tivoli
Cliccando sopra la foto, una rappresentazione del pizzutello di Luis Egidio Meléndez del XVI° secolo
I luoghi dove sorge la villa, nonché la villa stessa, sono stati oggetti del cosiddetto Grand Tour che sin dalla fine del 600 a tutto l’800 portò i giovani aristocratici a viaggiare per l’Europa, non solo al fine di scoprire la natura politica e sociale dei paesi visitati, ma anche e per studiarne ed ammirare l’arte nonché contemplare i meravigliosi paesaggi che la natura dei posti regala alla vista.
L’affluenza dei giovani stranieri nella zona dell’attuale Villa Gregoriana fu tale che nel 700 furono fatti vari interventi per renderla a loro più fruibile e sicura.
Numerosi gli artisti e scrittori che furono ispirati. Per le loro opere dai monumenti e paesaggi di questi luoghi. Tra questi ricordiamo Jean-Honorè Fragonard (pittore), Chateaubriand (scrittore), Madame de Stael (scrittrice), Turner (pittore), Hubert Robert (pittore) e Angelika Kauffmann (ritrattista) la quale a Tivoli ritrasse Johann Wolfgang von Goethe, allora trentattottenne, che visitò per due settimane Tivoli in compagnia del paesaggista Hackert durante il mese di giugno del 1787.
|